Narco degli Alidosi
Risalirono la larga valle dell'Adige che anche allora (poiché il tempo sposta le montagne, ma lentamente) portava a, valichi verso la parte tedesca
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dall'alto del castello e del cavallo quando andava e tornava da cacce o battaglie, o dal seggio da dove salutava i sudditi che, due volte al mese, gli
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tuttavia non ti crucciare delle mie ferite, e dimmi la verità che sai». «Ebbene, mio signore» rispose Blabante «non è impossibile che gli inchini prolungati
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. «E per il tuo onore non potrai farne meno di tre. Intanto, permetti che io prepari qui sull'erba un pasto per te e per me: un poco di carne, di pane
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Passò il tempo che passò. E Narco si fermò davanti a Blabante e domandò: «Allora, amico mio, quanti di questi giri ho fatto fino ad ora?» «Quaranta
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baci e delle lacrime felici le raccontò la storia che si sa: come la masca Nedarella fosse stata distrutta e sconfitta con tutti i suoi trucchi. Così
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commuoveva il suo naso pensò, per meglio vedere e capire quello che accadeva, di levarsi l'elmo e avvicinarsi un po'. Ciò tramortì i già confusi
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disse il conte «perché tu hai dato a me, che cavaliere già sono, un'idea molto opportuna per il nostro viaggio. Quanto a te, se non ti basterà una
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«Andiamo, Blabante!» disse con voce di ferro incrinato. Ridendo a squarciamascella, la masca gettò uno sguardo a Blabante, che col volto coperto e la
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mai mi accorsi di questa voglia di cavalierato...» «Mio signore» annunciò Blabante «certi semi stanno per anni nella terra, e nessun occhio o piede che
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penso, Blabante, che di qui a là ci sia abbastanza acqua che corre per non importunare quella che vediamo, se mi levo l'elmo... Il fatto è che mi
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ridente. Blabante, che l'aveva dimenticata, la ricordò. Narco, che mai se l'era tolta dalla mente, la guardò muto sopra il forte fruscìo dell'acqua. «E
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Valicarono le alte montagne, poi le meno alte, e le foreste. Disperato per lo svanimento che sappiamo Narco faceva propositi di fermarsi a fare il
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volare in mente la sua bella svanita, e stringere il cuore. «Un bacio» ridisse paziente mago Antolfo «e per di più un bacio d'amore, di quelli che da
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dell'albero vincitore, che non poteva essere toccato se non con una mano per sfida, ma sulle cortecce dei faggi intorno, che su quei nomi illustri e delusi
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vero: il tuo fiato non lo posso curare, ma posso dirti come si cura, e come scompare». «Mago, che devo fare?» «Lasciare il tuo potere: perché a rare
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convocò Terpione, che curava nobili e villani, e conosceva rimedi anche per i malanni delle bestie. Costui annusò il fiato di Narco e, appoggiandosi al
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